Thailand

Siamo partiti di mercoledì sera, sapendo che non avremmo avuto una vera notte fino a sabato.

Un bus notturno Parigi-Milano e a Lione ci sorprende la neve. La sola neve che vedremo in questa fine di inverno.
Poi una notte in aereo, cibo indiano e guerre stellari e hostess scomparse nel nulla.

A Delhi per poche ore e la frustrazione di sapere che al di là del vetro c’è l’India, con i suoi rumori, con i suoi odori, con la gente che ti sorride e le vacche sacre che attraversano la strada.
Al di là di un vetro che non possiamo superare.
Un altro volo e stanchezza cumulata, ritardi e sonnolenza.

Bangkok ci accoglie di venerdì sera con un’ora di ritardo, troppo tardi per arrivare alla stazione degli autobus. Dormiamo sul pavimento davanti al centro massaggi aperto ventiquattrore per viaggiatori dai voli notturni.
E finalmente, la campagna thailandese si svela finalmente dai finestrini di un bus dall’aria condizionata al massimo.

Paese di zuppe e peperoncino, di riso e pad thai e buddha sorridenti ed enormi che spuntano dagli angoli della strada, paese di monaci vestiti in arancione, di templi, di cultura millenaria di trattori carichi e di insetti fritti.
Quaranta gradi di sole mentre in europa la primavera si sveglia lentamente.
Il primo mese sarà dedicato al riposo, al lavoro in uno studio minuscolo dall’aria condizionata alternandoci per fare il caffè, alla ricerca di nuovi clienti e al ritrovo di vecchi amici.

Un mese è passato e ci prepariamo a ripartire, road trip e poi verso il nord, per un festival che festeggia l’arrivo della stagione delle piogge.
E fa caldo, troppo caldo, e ho decisamente preso troppe maglie a maniche lunghe.

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Goodbye Paris

Ho lasciato Parigi ufficialmente all’inizio del 2012, con festa di arrivederci e abbracci.
Sono tornata a viverci un anno dopo, sapendo che sarebbe stata una relazione a tempo determinato, sono ripartita con un nuovo arrivederci, sapendo che non sarebbe stato il mio ultimo addio.

All’inizio del 2014 sono tornata con l’idea di fermarmi due settimane. Ci sono rimasta un anno.
Un anno di rimesse in questione, di nuovi progetti, di cambi di vita.

E stavolta, me ne sono andata in punta di piedi. Senza grossi proclami, senza feste di addio.
E la vita della metropoli è così, nessuno realizza veramente che non ci sei più. Semplicemente non ci sei più. E’ un fatto.

Tornare a Parigi per pochi giorni, per vedere gli amici, per la burocrazia, per organizzare una nuova partenza.
Tornare a Parigi per pochi giorni è un’arma a doppio taglio.
Qualcosa si è perso.
Forse semplicemente perché non vivo più qua e Parigi, a modo suo, me la fa pagare.
Forse perché le persone che amo hanno nuove consuetudini di cui non faccio parte.
Forse perché correre avanti e indietro per tre giorni, cercando di vedere gente, passando serate alcoliche di abbracci e amore ha contribuito.
In ogni caso, domenica, camminando da gare du nord a bastiglia mi sono fermata a republique, ho guardato il monumento, le candele di ricordi per quello che è stato.
E ho pianto.

meaningfulness

Tre mesi in giro per il Sudamerica, senza grosse pause tranne due settimane nella campagna fuori da Bogotà a causa di un passaporto perso e di un’ambasciata e di un’attesa e di un appartamento scelto perché centro nevralgico dell’attività della zona, tra laghi e cave di sale e una metropoli poco lontana e passeggiate. Due settimane finite, in realtà, chiusi in casa a cucinare e giocare e a mala pena abbiamo messo il naso fuori casa.
E il dubbio su cosa fare una volta rientrati.
Io un’idea ce l’ho. Ho detto un giorno.
C’è un piano abbandonato da trent’anni nella casa di mia nonna.
Mia nonna ci ha lasciato quest’estate, o almeno così dicono. In realtà è in ogni oggetto di quella casa, tutto è impregnato della sua presenza.
Io un’idea ce l’ho: è un peccato che quel luogo vada perso.
E così siamo in Italia da quasi un mese, in lotta contro la routine dei giorni tutti uguali e la scoperta, ogni giorno, di nuovi misteri, di mobili meravigliosi, di angoli che brillano di colori che non vedono luce da anni, la scoperta dei nostri muscoli e di quanto possiamo fare in così poco tempo.
E mia nonna, seduta probabilmente su quella poltrona, che ci guarda e, ne sono certa, sorride.

Ancora tu?

Quasi tre anni dopo. E milioni di chilometri dopo.
L’ultima volta che ho scritto iniziavo una storia d’amore a tempo determinato, aspettavo di toccare un assegno di disoccupazione, di mettermi un volo per l’Australia in tasca.
C’è stata l’Australia. E una rivoluzione interiore.
E poi Singapore e la Malesia e l’India e la Thailandia e la Turchia e Dubai.
Un tatuaggio e una nuova consapevolezza.
Poi ci sono state due settimane a Parigi che si sono trasformate in sette mesi.
C’è stato un matrimonio e un bacio alle tre di notte.
Proviamoci, sapendo che abbiamo un test di tre settimane.
E poi quasi tre mesi di distanza. Ti svegli all’ora della merenda, ti addormenti al suono della mia sveglia.
E allora seguiamolo, questo destino.
Un volo per la Colombia e tre mesi di autobus notturni tra empanadas e birre fredde, tra montagne e rovine, tra Ecuador e Perù.

E’ un nuovo anno e io non so ancora cosa fare della mia vita. E ormai sono ufficialmente più vicina ai quaranta che ai trenta.
Però oggi mi sono data un obiettivo per il duemila e sedici: ricominciare a scrivere.

Da zero

Sta andando tutto troppo in fretta.
Lo sapevo già.
Lo sapevo quando sono arrivata a Gennaio che sarebbe andata così: le prime settimane a lamentarmi del tempo che non passa mai e delle n settimane di lavoro che ho davanti. E le ultime a dirmi che forse vorrei che non finisse così in fretta.
Perché in fondo Parigi io la amo. Perché ormai le consuetudini si sono fatte abitudine. E le divido con qualcuno che mi chiama hippie e mi prende in giro per il mio stile di vita.
Perché forse quel qualcuno sta diventando speciale.
Perché fa caldo e comincia il periodo dei picnic al parco e vino rosso e birra.
E io mi ritrovo coi piani che saltano per aria, dopo che ci hanno svaligiato l’appartamento e mi hanno rubato qualche migliaio di euro di attrezzatura fotografica.
Tra un mese finisco di lavorare.
Tra un mese non avro’ più una dimora fissa.
Ho dovuto, ancora una volta, forare la pelle per marcare un momento della mia vita.
Ci risiamo. Da zero.

E dato che si ricomincia, ho creato un contenitore per tutte le mie identità virtuali: http://www.artificialstage.net/

Crimson and Clover over and over

Succede sempre così, pensi che la tua vita stia andando in una certa direzione, ti prepari mentalmente per determinati incontri. E poi. E poi il destino ti fa capire che stavi guardando nel posto sbagliato, che forse la serenità è a un passo da te, sbronza di birra e vino bianco.
Succede che ci stiamo abituando a piccole consuetudini, ai messaggi e alle bottiglie di vino.
E poi arrivano due bimbe dall’Italia e stravolgono tutto e il meteo cambia e ci ritroviamo sotto la neve a guardare questa città con occhi nuovi. E troviamo soldi per terra. Stesa per terra al Louvre per completare la mia esercitazione. Tarocchi da leggere rimescolati dal destino ed esce sempre il sole come ultima carta e deve per forza significare qualcosa. Feste e incontri fortuiti, inattesi ma non inaspettati. Cibo giapponese e birra.
E poi mi ritrovo un braccialetto di cuoio al braccio. Per caso.
E mi dico che dovrei smetterla con l’alcol, mi dico che dovrei dormire invece di uscire ogni maledetta serata. Ma non posso.
Se mi rilasso collasso.
Continuiamo a scambiarci microbi che non ci danno il tempo di guarire.
Il compleanno di un bar, occhiali da hipster, cappelli, pinte di cocktail, storie che sembrano uscite direttamente da Sex and the city. Torniamo a casa in taxi e nella mia stanza continuiamo a parlare mangiando formaggio alle quattro di notte.
Ho perso il telefono ma la ragazza che ha preso il taxi dopo di noi mi chiama per dirmi che lo lascerà a sua madre.
Brunch a tre, racconti, paranoie, caffé.
E ti invito con la scusa della stanza vuote. Anche se ci siamo visti solo l’altro ieri. Vediamoci fuori casa per una volta. Anche se la domenica sera è una serata oziosa. Anche se i bar son chiusi.
E rompiamo anche questo confine e torniamo a casa mano nella mano.
E si ricomincia la settimana con una giornata di sole, la primavera non lontana. Preparo le ali.

quando meno te l’aspetti

Come una bomba che va dal cuore in testa e testa e cuore si sfonda.
Come le ricorrenze, il lunedì sera. Cercarsi con lo sguardo. Senza parlarsi. Ma stavolta c’è un ciao e un sorriso luminoso. E fanculo alle convenzioni, la prossima settimana faccio il primo passo.
Come questa sensazione di avere un contratto a tempo determinato con Parigi e sapere di doverne approfittare il più possibile. E uscire di martedì, anche se sono stanca, perché la mia nuova vicina mi propone l’Olympia, serata vip solo su invito. E da lontano vedo Olivia Ruiz e il mio cuore saltella.
E mentre aspettiamo l’amico musicista del Burkina Faso, facciamo amicizia con cinquantenne che rinomineremo Corine, per abitudine, che vuole un invito per il post-serata champagne vip.
Come rientrare a casa stanca con voglia di andare a dormire e trovare ospiti in cucina, far fuori una bottiglia di vino.
Chiacchiere sotto le coperte, così vicini che posso sentire il respiro. E quando meno te lo aspetti come una bomba e fanculo se sono stanca, qui c’è una vita da vivere. Ci addormentiamo stremati nel cuore della notte, la sveglia non è clemente con noi.
Come un mercoledì di chiacchiere e confidenze davanti a crostoni e côte du rhone, cameriere troppo bello, ci facciamo spostare di tavolo solo per approfittarne.
Progettiamo viaggi insieme.
Come una festa degli innamorati e sono innamorata della vita e sono felice davanti a uno spettacolo burlesque di donne che si spogliano con accanto persone che amo. Continuiamo la serata con cibo cinese, ci perdiamo per arrivare al perif, una ragazza in moto ci da indicazioni stradali.
Sorridiamo. C’è ancora gente gentile al mondo.
E’ un contratto a tempo determinato quello con Parigi e ancora più corto quello con Plaisance.
Non ho tempo di riposarmi. Non ora.

back. to the start.

Un vecchio lavoro e colleghi ritrovati tra pause caffé e chiacchiere su skype con immagini not safe for work.
Una vecchia consuetudine, il Lions il lunedì sera, gli amici ritrovati, quelli nuovi e l’ammiratore segreto che mi lancia sguardi senza parlarmi.
Un nuovo appartamento, un nuovo coinquilino, aperitivi protratti fino a tardi e resta a dormire con me.
Una serata apparentemente tranquilla in appartamenti sconosciuti finita rendendoci conto che stiamo invecchiando e non reggiamo più l’alcol come un tempo.
Ricominciare a ospitare sconosciuti.
Una nuova amica con cui esplorare locali di musica cubana, serate youtube di video trash francesi mangiando baguette e formaggio e humus e innaffiando tutto di vino rosso perché se beviamo là ci costa centodiciassette euro, tanto vale sbronzarci a casa.
E siamo sei e siamo brilli e felici e ci strusciamo ballando con Corina, sulla cinquantina, che decide di aggregarsi a noi.
Un pranzo a Higuma mentre dal cielo scendono fiocchi di neve, disertiamo l’aperitivo al di là del fiume e guardiamo film di zingari stesi a letto.
E tutto ad un tratto mi sono resa conto.
E’ stato ad un certo momento, lunedì della settimana scorsa, data segnata in rosso sul calendario.
A un tratto tutto è chiaro e la bolla di sapone è esplosa nel nulla.
Indosso di nuovo le mie ali più belle e mi preparo a volare.
E sarà il più bello dei voli.

E si ricomincia..

Ventiquattro ore di barca per raggiungere il nord dell’Africa. Con aria condizionata troppo forte e nuovi amici con cui esplorare i nove piani del nostro mezzo di trasporto.
La rivoluzione tunisina. La primavera araba. Le cose che cambiano, ma non sempre in meglio.
La nostra rivoluzione. I cambiamenti interni e i tramonti sulla medina di Tozeur.
La sabbia del Sahara che ci entra nelle scarpe, che ci entra nelle maniche, che ci entra nel cuore mentre attorno a un fuoco ci raccontiamo i segreti delle nostre vite.
Eppoi vestirsi bene per finire l’anno alla grande. Per cominciare l’anno alla grande.
Scappiamo in un angolo buio della piazza e se la polizia ci trova saremo felici di farci arrestare.
Raccogliamo datteri e melograne direttamente dall’albero e ci sbrodoliamo di zucchero rosso.
Seduti lungo il fiume, mentre il sole tramonta, a parlare dei nostri demoni.
A spogliarci delle nostre insicurezze per raccontarci chi siamo.
Non ho più bisogno di te quindi ora sono libera di amarti.
In rotta verso il mare, da Tozeur à Djerba, imparando a leggere l’arabo.
All’arrivo decifro simboli e lettere. So leggere.
Orione ci accompagna lungo il viaggio. Sopra le nostre teste. Sopra le caverne abbandonate. Sopra i villaggi trogloditi.
Decidiamo di comprare un piccolo quartiere con tanto di cantina e forno. Ci costruiremo la nostra comunità.
400 dinari trattabili. E il cammello accanto a noi danza felice.
L’ultimo giorno di esplorazione. Incontri fortuiti.
Il guardiano del villaggio abbandonato che ci offre di restare per la notte nelle nostre tende, compriamo pollo da fare alla brace, lui ci prepara il te alla menta. Sopra le nostre teste un mare di stelle in cui perdere lo sguardo.
Nostalgia.
Il volo verso Parigi. Lo sbalzo termico.
Una festa per il mio ritorno. Per la partenza di A. Per le dimissioni di L.
E il passato che ritorna ad avvisarmi che, forse, due anni e mezzo fa non avevo capito niente.
Le incomprensioni sono così strane, sarebbe meglio evitarle sempre.
Non hai mai detto che era proibito, ma solo che mi sarei fatta male. E ora avrei voglia di farmi male.
No. Io non sono una brava ragazza.

Duemiladodici

Quest’anno il resoconto dei dodici mesi passati sarà più difficile degli altri, perché non ho tenuto una lista delle canzoni per ogni mese e perché mi fa un po’ male ripercorrere questi mesi.
Ma è una consuetudine a cui tengo. E allora mi rimbocco le maniche e rivivo gli ultimi trecentosessantacinque giorni.

Gennaio
L’anno si apre con una giornata di sole sui pirenei. La neve è sciolta, il sole ci riscalda, davanti a noi una nuova vita, un’avventura che sta per cominciare.
Creep – Radiohead

Febbraio
Gli ultimi mesi di lavoro di questo anno. Una festa sottoterra per festeggiare dieci anni di esplorazioni. Una festa in foresta per la nostra partenza. Una festa a Parigi per la nostra partenza. E l’ultima festa sotterranea per festeggiare il compleanno della mia amica speciale.
Rientriamo in velib e già ho nostalgia di Parigi, ma non c’è tempo per le esitazioni.
La rirette

Marzo
Si parte. Parigi, Belgio, Claire, birra, una famiglia tedesca che ci ha adottato, Copenhagen, Lara, Linkoping e la nostra prima notte nella tenda, Stockholm, Uppsala, Bastutrask, Mikael, le aurore boreali che tolgono il fiato, il lago ghiacciato, la neve, tanta neve, la marmellata di lingon, la carne di alce, la sauna, Peter, le anatre, i licheni, Julian, pasqua in famiglia, dumpster diving, la vasca d’acqua bollente. Un mese speciale.
Euskefeurat – Tankar på Nattgammal Is

Aprile
La primavera arriva passo dopo passo, in una Germania che ci accoglie nei panni di una coppia che ci assomiglia, in un paesino delizioso in repubblica ceca, a Vienna e in esplorazioni di fabbriche abbandonate.
Daloy Polizei – Geoff Berner

Maggio
Ripassare da Parigi e sentirla meno nostra. Lasciare gli abiti invernali e prepararci all’estate. Un’amica dalle ali di fata e un libro simbolico. Varsavia imponente e concerti sull’erba. Un van e un hippie in Lituania. Un matrimonio e gli amici in Lettonia. Sbronza per le strade di Riga per cercare un vestito. Un tramonto lungo tre ore.
Un mini van di polacchi ubriachi. Dzień dobry, kocham Cię.
L’angelo dell’autostop.
Strachy na lachy – Dzień dobry, kocham Cię

Giugno
Rotolando verso sud dalla Lettonia alla Romagna, da Ravenna alla Puglia. Dal tacco alla punta fino alla Sicilia.
Risotto sull’etna e un cielo di stelle.
Il matrimonio di una bimba speciale.
Trapani è un sogno di case bianche dai tetti piatti. Vinciamo un giro in giostra e uno in barca, un weekend attorno alle isole. Lasciamo annunci al porto per trovare una barca per la Tunisia.
Tunisia di cinquanta gradi e cibo troppo calorico.
Una festa di fidanzamento. Un aereo per volare in Francia.
Negrita – Rotolando Verso Sud

Luglio
In Bretagna gli amici battezzano la loro barca ma la macchina esplode all’uscita di Parigi.
Dalla Bretagna all’Italia solo per un vasetto di harissa. Dall’Italia alla Vaucluse per l’inaugurazione di un appartamento.
Una notte a Chalon per vedere uno spettacolo dentro a un bus. Una settimana per costruire una casa di terra e paglia.
Soldat louis – Du rhum des femmes

Agosto
La festa al Plan, gli amici più cari, serviamo ai tavoli e spilliamo birre.
Faccio la cameriera per un mese.
Qualcosa si rompe mentre alla guida perdo le basi che credevo di aver costruito.
Non me ne rendo ancora conto, ma il mondo sta per finire.
Les sardines – Patrick Sébastien

Settembre
Il mio mondo e le mie certezze sono crollati al suono di una fisarmonica.
Una settimana di oblio apparente per ricominciare da me stessa.
Una fuga dopo il mio compleanno.
I miei ricordi affogati nella rakja, nell’acqua al limone e nel succo al mirtillo allungato con la vodka da pochi dinari del negozio davanti a casa mentre con Kim guardiamo video di giovani serbi che violentano alberi.
La mia lucidità persa insieme alla mia insonnia.
Fishtank Ensemble – Woman in Sin

Ottobre
Un bus per il Montenegro e un festival di vino e pesce a Budva.
Kotor, magica, i segni, la foresta e l’uncinetto.
Eppoi. Eppoi la Croazia e le rivoluzioni interiori e Kristjian e la scoperta della permacultura e una giornata a casa a bere birra e parlare delle nostre vite con i piedi nel mare mentre piove sopra le nostre teste.
Ricomincio a vivere.
Quattro giorni in picardia per festeggiare la nuova vita della mia amica e siamo diciotto nel suo appartamento.
Dormiamo stretti in corridoio, voglia di Australia.
La compagnie créole – Ca fait rire les oiseaux

Novembre
In quattro a casa di una famiglia inglese per trapiantare piantine nella serra. Shaun ha l’universo tatuato su un fianco e Fay e Tobi dormono insieme di nascosto.
The dreamers sotto le coperte, in quattro nel mio letto.
Mont saint Michel, una fuga poco improvvisata. Nantes. Parigi. Avignone.
Un concerto e una notte a giocare a Citadelle, troppo sbronza per pensare.
Una settimana in una comunità di resistenti del consumismo, in bus arredati e yurt.
Tame Impala – Feels like we only go backward

Dicembre
Una firma sul foglio della mia disoccupazione.
La festa delle luci a Lyon. Due feste speciali, nuovi occhi, nuovi amici.
Una firma su un contratto di lavoro.
Delusioni, mi sento sola, mi sento abbandonata. E allora è il momento di reagire, di conoscere gente nuova, di recuperare rapporti.
Girando per le strade di Parigi vestiti da babbi natale mentre la lucidità si perde e qualcuno mi bacia di nascosto.
Un viaggio verso il sud, le mie cose in uno scatolone.
Ricucire il nostro rapporto, proviamo a farlo diventare un’amicizia.
Venti ore di bus fino a casa.
E’ la fine del mondo. E’ la fine di un ciclo. E’ la fine di un anno che ha rivoluzionato la mia vita.
E ora. E ora si ricomincia. Ho una nuova vita da vivere. E non vedo l’ora.
Great Lake Swimmers – Your Rocky Spine

I miei anni passati?
2011: https://glossyjuice.wordpress.com/2012/01/02/duemilaunidici/
2010: https://glossyjuice.wordpress.com/2010/12/28/2010/
2009: https://glossyjuice.wordpress.com/2009/12/29/2009/
2008: https://glossyjuice.wordpress.com/2008/12/31/duemilaotto/